Guerra culturale italiana contro il mondo fantastico di Tolkien

Se chiedi al Primo Ministro italiano Giorgia Meloni quale libro ha avuto il maggiore impatto su di lei, non esita un solo istante. Niente volantini di estrema destra, niente analisi degli storici nazionalisti. Il Signore degli Anelli di Tolkien, è il suo preferito. “Il libro più speciale che abbia mai letto”, scriveva su Facebook quattro anni fa, in occasione del compleanno dello scrittore britannico. “Una metafora dell’uomo e del mondo.” Lo intende davvero. Prima che la Meloni diventasse primo ministro nel settembre 2022, si vestiva regolarmente da hobbit.

La famosa trilogia della Terra di Mezzo di Tolkien, sull’anello che deve essere distrutto per impedire al male di trionfare, è una delle più popolari. fantasialibri nel mondo. Il coraggioso hobbit Frodo, il mago Gandalf: decine di milioni di lettori ne sono affascinati. Dovresti preoccuparti ora che a Roma è stata inaugurata una mostra sull’ideatore di questa storia leggendaria?

Il nome è neutro: Tolkien. Uomo, professore, scrittore. Il ministro della Cultura Sangiuliano lo ha colorato: “Tolkien era un cattolico e autentico conservatore che difendeva i valori tradizionali dimenticati in Occidente: il senso di comunità, la tradizione della natura, la resistenza agli aspetti più disumanizzanti della modernità”. Questo è il motivo per cui i critici del governo nazionalista di destra vedono la mostra come un gioco di potere politico. La destra italiana sta usando Tolkien in una guerra culturale per spezzare il presunto ruolo dominante della sinistra nella vita culturale italiana.

Perché il fatto che la Meloni si travesta da hobbit non è un caso. Intorno al 1980, quando la Meloni aveva tre anni, alcuni neofascisti italiani organizzarono tre “campi hobbit”. Volevano prendere le distanze dalla cultura partigiana esistente, fortemente incentrata sul confronto e sulla polarizzazione. In questi tre schieramenti restavano lezioni più di parte che politiche, ma all’interno del piccolo partito neofascista continuava ad esistere una corrente che si identificava con gli hobbit e con il tentativo di Frodo di sconfiggere il male. Nessun eroe macho, ma individui intelligenti che, a volte controcorrente, hanno cercato di fare del bene. Miti come risposta alla razionalità e al materialismo del mondo moderno.

Elementi che si ritrovano ancora in Meloni, che si definisce un outsider. Il suo programma è pieno di echi di un mondo che rischia di scomparire, di valori tradizionali da restaurare. Come Primo Ministro, assomiglia allo hobbit Frodo, che deve superare molti ostacoli per impedire che il “male (di sinistra)” trionfi.

Una corrente sotterranea è che, ora che Meloni e il suo partito nazionalista di destra Fratelli d’Italia sono saldamente in sella, è tempo di affermarsi maggiormente nel campo culturale. Un nuovo boss della Biennale di Venezia. Nuovi direttori di importanti musei. Incarichi politici presso l’emittente pubblica RAI.

E ora Tolkien, come fonte di ispirazione per la destra. La Repubblica, un giornale di sinistra, sogghignava dicendo che la destra ha poco da offrire intellettualmente oltre agli hobbit e agli elfi. Con l’implicazione implicita: questo non basta per vincere una guerra culturale. Ma non è questa una sottovalutazione di Tolkien?




Carlita Gallo

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