È arrivato il giorno del primo film italiano in concorso al Festival di Berlino: è “Another End”, opera seconda di Piero Messina, realizzata a quasi dieci anni di distanza dal suo primo film, “L’attesa” del 2015.
Se in questa opera prima, ispirata a “La vita che ti ho dato” di Pirandello, la protagonista era Juliette Binoche, in questo caso c’è un altro nome famoso a livello internazionale nel ruolo del protagonista: Gael García Bernal.
L’attore messicano interpreta Sal, un uomo tormentato dal senso di colpa e dal ricordo della ragazza che amava, uccisa in un incidente stradale. Ambientato in un futuro prossimo, “Another End” racconta però di un mondo in cui chi è in lutto ha una grande opportunità: dire addio un’ultima volta a chi non c’è più, grazie a una tecnologia che riporta l’anima a casa. vita del defunto all’interno dei corpi di persone ancora in vita che fungono da ospiti. In questo modo, il dolore della separazione si allevia e hai più tempo per dirti addio per sempre. Aprendosi con alcune sequenze di altissimo livello, incentrate sulla descrizione della complessa situazione narrativa che sta alla base del film, “Un’altra fine” è un film che dimostra subito di possedere un grande fascino e un’ambizione piuttosto rare nel cinema italiano contemporaneo.
In questo universo distopico, dagli echi che ricordano la serie “Black Mirror”, ciò che interessa soprattutto al regista è riflettere sul tema del distacco dalle persone care e sul sottile confine che separa la vita dalla morte. Non tutti i passaggi narrativi sono originali e brillanti come il soggetto iniziale, ma il film prosegue con piacere fino alla fine.
Melodramma e fantascienza
Mescolando melodramma e fantascienza, “Another End” è un film allo stesso tempo futuristico e sentimentale, che gioca le sue carte migliori proprio quando cerca di catturare le emozioni degli esseri umani, siano esse felici o malinconiche. La scelta che Sal deve fare è ricca di implicazioni etiche e morali che incoraggiano il coinvolgimento del pubblico e ci portano anche a riflettere su ciò che vediamo. Tra tanti sprazzi, in cui la bella partitura musicale gioca un ruolo importante, ci sono momenti più pesanti, legati in particolare alla realizzazione di un colpo di scena finale piuttosto inquietante. La conclusione, però, è ricchissima di suggestioni che fanno ripensare l’intero film in maniera ancora più coinvolgente: dimostra anche quanto Piero Messina abbia acquisito una consapevolezza del linguaggio cinematografico nettamente superiore alla sua opera prima e che fa ben sperare molto bene per il futuro della sua carriera.
Buon lavoro da parte del casting e in particolare del protagonista Gael García Bernal in un ruolo tutt’altro che semplice. Da notare anche la presenza di tre brave attrici come Renate Reinsve, Bérénice Bejo e Olivia Williams.
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