perché l’Italia è un paese dalla società divisa

ROMA – A settant’anni dal crollo del fascismo in Italia e dalla “riconquista della democrazia” e dopo la disgrazia con le figure del presidente del Consiglio Giorgio Meloni e del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, mostrate capovolte durante le manifestazioni, punto di partenza di una società sempre più divisa nel Paese c’è il fascismo, scrive oggi la “Repubblica” italiana.

Nell’analisi di questo quotidiano si afferma che l’attuale governo è impegnato a realizzare il primo punto annunciato del suo programma ideologico: neutralizzare la memoria del fascismo, rimuoverlo dalla storia e separarlo dal fatto che la civiltà europea la democrazia si basa sull’antifascismo, tutto per poter tornare alla storia nazionale e alla vita quotidiana, senza condanne o segni di vergogna.

Si ritiene che in questo contesto la mancata reazione del presidente del Consiglio non sia un silenzio, ma un’affermazione, e cita come esempio il silenzio della Meloni sulla commemorazione della marcia fascista su Roma del 28 ottobre, che rappresenta una revisione culturale che spezza il filo della coscienza repubblicana, riconoscimento del privilegio della democrazia e accettazione della storia.

“Republika” dice che per questi motivi giudicare il fascismo e la sua natura significa svelare la propria visione della democrazia, proprio quando si distrugge l’universalità del termine e la parola assume significati diversi, mentre, come si è detto, gli autocrati additano il pericolo di una nuova ‘democrazia illiberale’”, ha riferito Tanjug.

Una delle tesi dell’analisi è che l’esecutivo italiano è perfettamente consapevole di tutto ciò, e invece di rifiutarsi di essere a immagine del governo del suo Paese, con le sue idee, il suo programma e i suoi obiettivi, e si preoccupa di preservare il residuo dei valori accumulati dalla repubblica, come comune patrimonio nazionale, diventa non solo parte, ma anche attivo soggetto ideologico di revisione e restauro, e si afferma che il pubblico italiano non è che un “testimone al primo atto”.

L’analista della “Republika” valuta che le conseguenze di questa “erosione della cultura civica” si manifestano soprattutto nella divisione del Paese in due campi, che si manifesta anche nelle scuole, dove gli studenti scrivono messaggi come “la scuola non è antifascista, ma libero”.

Il quotidiano “Republika” si chiede se si tratti di problemi che il governo non vuole estirpare o di germi i cui frutti saranno una nuova democrazia più semplice.

Jolanda Dellucci

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