Bisognava quindi aspettare l’ottavo giorno del Festival di Cannes, e un film italiano – napoletano, dovremmo dire, per vedere arrivare un serio concorrente di “Emilia Perez” di Jacques Audiard per la corsa alla Palma d’oro. Una “Parthenope” firmata dal geniale Paolo Sorrentino – regista, tra gli altri, del notevole “Il Divo”, “La Grande Bellezza” o dell’incredibile serie “The Young Pope”.
Dopo aver raccontato, a fine 2021, la sua infanzia e adolescenza nell’eccezionale “Hand of God” per Netflix, prosegue con “Parthenope” sullo stesso filone, con una storia ancora una volta ancorata alla sua città natale.
Ebbene, allo stesso modo, non proprio, perché questa volta la sceneggiatura segue il viaggio, dal 1958 ai giorni nostri, di una giovane ragazza della borghesia napoletana la cui ricchezza sta scomparendo. Parthenope, questo il suo nome, vive un destino singolare, in seguito ad una tragedia familiare di cui si sente in parte responsabile, senza ascoltare i consigli di chi le sta vicino e resistendo a varie agevolazioni. In quanto tale, il film non potrebbe essere più femminista, nonostante le opinioni dei critici scontrosi che lo trovano “misogino” o “macho”.
Partenope quindi, attratta dalla filosofia e dall’archeologia, si immaginerà per un periodo come attrice per finire per scegliere la carriera di accademica, docente di archeologia appunto. Sorprendente? Sì, perché la bellezza fisica di questa giovane donna, letteralmente mozzafiato – “Sei una dea”, dicono gli uomini che le passano accanto – avrebbe potuto spingerla a giocare di più sulla sua immagine, cosa che lei rifiuta.
Immagini sublimi
Che dire dei suoi rapporti con gli uomini, alcuni dei quali provengono dalla sua cerchia molto ristretta? Non sveleremo tutto qui, ma Sorrentino stabilisce, in ogni secondo del film, paralleli tra il personaggio e la sua città, Napoli, abbracciando tutto ciò che costituisce il fascino – o le insidie – della città: il sole, il mare, il calcio, la religione, la ricchezza, la povertà, la mafia, la vita frenetica, la morte celebrata in pompa magna, la seduzione…
Un inno a Napoli che il cineasta veste di ambientazioni mozzafiato e immagini sublimi – come se volesse che l’intero film si modellasse sulla sontuosità della giovane attrice da lui arruolata, Celeste Dalla Porta. Osando l’audacia più mozzafiato, come i titoli di testa girati interamente al rallentatore, ci travolge con inquadrature folgoranti.
Impossibile nominarli tutti, poiché quelli che esaltano il golfo di Napoli o gli isolotti rocciosi di Capri impressionano la retina con magnificenza. Suvvia, almeno due: una carrellata lentissima in una stanza prolungata da un balcone con vista sul mare, dove leggere tende di tulle svolazzano al vento come regolate da un balletto coreografato da Éole; e un piano sequenza che ruota nella notte con tre personaggi strettamente intrecciati, il tutto scandito da una ballata italiana degli anni ’70. Sbalorditivo.
Per quanto riguarda il casting, oltre a Celeste Dalla Porta, una meravigliosa scoperta che incarna l’eroina trasmettendo tutta una serie di emozioni, il regista ha invitato grandi nomi come l’inglese Gary Oldman o l’italiano Silvio Orlando, tutti meravigliosi. Ma soprattutto ha avuto la bellissima idea di far interpretare la vecchia Partenope a una leggenda del cinema transalpino, Stefania Sandrelli, che conclude in bellezza anche lei questo prodigio del cinema napoletano chiamato, come la sua eroina, a un grande destino. ..
Dramma italiano di Paolo Sorrentino, con Celeste Dalla Porta, Stefania Sandrelli, Gary Oldman, Silvio Orlando… (2h16). In competizione. Presto rilasciato.
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