Arredamento bianco futuristico, smoking, papillon e celebrità a palate. Il 20 febbraio 1986, La Cinq, il canale francese di Silvio Berlusconi, viene lanciato in veste di gala. Non un televisore “Coca Cola”nessuno dei due “spaghetti”, i Cinque vogliono essere uno “televisione-beaujolais e champagne il sabato”, promessa del magnate dei media italiano. Vuole applicare in Francia la ricetta del suo Canale 5 transalpino, successo popolare dall’inizio degli anni ’80 basato su talk-show di infotainment, serie americane e velinaqueste giovani donne poco vestite e immancabilmente mute, emblematiche della televisione berlusconiana.
La Cinq è una piccola rivoluzione: Berlusconi approfitta dello slancio di privatizzazione dello spazio televisivo deciso da François Mitterrand per inaugurare il primo canale privato e nazionale del PAF. Il presidente socialista avvicina Berlusconi al gruppo Chargeurs di Jérôme Seydoux e Jean Riboud, per permettere al primo di affermarsi meglio in Francia. Il budget è gonfiato di ormoni, tutti i conduttori stellari di TF1 o Antenne 2 sono dragati. Maestri di cerimonia per il varo, Roger Zabel e Christian Morin (bancabili all’epoca sì sì) vendere il progetto del canale con i suoi sei minuti di pubblicità all’ora (“10% pubblicità, 90% spettacolo!”) e benvenuti a tutti “stelle” – Sardou, Gainsbourg, l’ispettore Derrick e Johnny – vengono a vedere la culla dell’ultimo figlio di Berlusconi. Zebel: “La Cinq è un appuntamento per domani, dopodomani e per sempre.”
Disagi industriali
Per sempre, non proprio. Il simbolo per eccellenza della TV degli anni ’80, i Cinque sono precipitati negli anni ’90, dopo una serie infinita di battute d’arresto industriali. Robert Hersant e poi Jean-Luc Lagardère cercheranno di salvare l’azienda, che è piena di debiti. Colpa degli assegni da 3 milioni di franchi a emissione firmati da Sébastien, Sabatier o Collaro, e dei fallimenti lampo dei rispettivi programmi, evitati dagli inserzionisti. Sarà anche un freno l’arrivo a Matignon di un Jacques Chirac in rivolta per l’assegnazione di una frequenza a Berlusconi senza un vero bando di gara, mentre l’italiano attira anche le ire dei registi, indignati per l’insaccato delle loro opere da parte della pubblicità. Oltre allo sfarzo e alla volgarità, rimangono alcune invenzioni dei Cinque. In particolare l’informazione continua, con i suoi cinque telegiornali quotidiani, precursori di LCI o BFM TV. E un’immagine: quella della sua morte il 12 aprile 1992 dopo 3,5 miliardi di franchi (840 milioni di euro correnti) di perdite in sette anni di attività. Con sette milioni di telespettatori, il suo funerale sarà il più grande pubblico nella storia del canale.
L’imperatore della tv italiana ha subito una battuta d’arresto nei suoi tentativi di espansione in Europa. Solo Telecinco, la versione spagnola, sopravviverà. In Italia è ancora sovrano con il suo gruppo Mediaset, principale concorrente della RAI pubblica. I suoi canali televisivi, Canale 5, Italia 1, Rete 4, si sono rivelati preziosi quando è entrato in politica. UN studio dei ricercatori Ruben Durante, Paolo Pinotti e Andrea Tesei nel 2019 ha esaminato l’impatto delle reti Mediaset sul pubblico italiano. E conclude che i telespettatori che avevano accesso ai programmi di intrattenimento e alle notizie faziose di questi canali dall’inizio degli anni ’80, in giovanissima età, erano più ricettivi agli slogan semplicistici di Berlusconi quando entrò in politica nelle elezioni politiche del 1994.
Fallimento di una fusione con Bolloré
“Il Cavaliere” partirà quindi alla conquista dell’Europa. Dal suo gruppo stampa Mondadori, presente in Francia da quindici anni con le sue riviste Adornare, Star della tv O Scienza e vita, venduta a Reworld nel 2018. Ma anche in tv, con le quote di ProSiebenSat.1 in Germania, e il rafforzamento delle sue attività in Spagna. In Francia, Berlusconi si era recentemente unito a Xavier Niel, un improbabile candidato dell’alleanza per l’acquisizione di M6 lo scorso anno. Senza successo, proprio come l’affare a colpi di scena con la Vivendi di Vincent Bolloré per creare un “Netflix del Sud Europa” del 2016. Un riavvicinamento che si è rapidamente trasformato in una guerra di tribunali, Bolloré che si considera truffato dopo l’acquisizione della pay-tv scissione del gruppo italiano. Il contenzioso si è concluso due anni fa con un ritiro parziale da Vivendi e un patto di non aggressione. L’alleanza aveva comunque un senso: con i suoi oltraggiosi programmi di infotainment e le sue intenzioni politiche populiste e di estrema destra, Cyril Hanouna e TV-Bolloré di CNews è davvero un’eredità di TV-Berlusconi.
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