In Italia è scoppiato un acceso dibattito sul disegno di legge del governo di estrema destra del Primo Ministro Giorgia Meloni volto a modificare la Costituzione. Venerdì il governo ha accettato la proposta.
La più controversa è che gli italiani eleggono direttamente il loro Primo Ministro per cinque anni. In quanto vincitore delle elezioni nazionali, il proprio partito o coalizione ottiene automaticamente il 55% dei seggi in entrambe le Camere. In caso di dimissioni del Primo Ministro eletto, potrà essere (ri)nominato solo lo stesso capo del governo uscente o un’altra persona del suo partito o coalizione. Se anche il Primo Ministro numero due getta la spugna, si dovranno indire nuove elezioni.
I primi ministri devono essere anche parlamentari. Ora, in linea di principio, chiunque può ottenere questo posto di alto livello. Nel 2018, ad esempio, il Movimento Cinque Stelle decise di nominare primo ministro il non eletto e del tutto sconosciuto Giuseppe Conte.
Secondo Meloni, il cambiamento della legge darà al Paese governi più stabili, che dureranno più a lungo e quindi avranno più tempo per attuare i loro piani politici. In una conferenza stampa ha parlato della “madre di tutte le riforme”. Ha sottolineato che l’Italia ha avuto 68 governi negli ultimi 75 anni, durati in media un anno e mezzo. “Vogliamo garantire il diritto dei cittadini di scegliere da chi vogliono essere governati. E vogliamo che coloro che sono eletti dal popolo possano governare in modo stabile”.
Il presidente fuori combattimento
Sui media avvocati e costituzionalisti si battono per distruggere i progetti della Meloni. Sono particolarmente scontenti del fatto che il presidente sia ora messo da parte nella scelta del primo ministro; il capo dello Stato perde così molto potere. Ora gioca un ruolo importante nella formazione. Anche il potere del Parlamento sta diminuendo.
Inoltre, gli avvocati trovano contraddittorio che il primo presidente del Consiglio sia eletto direttamente dagli italiani, mentre il suo possibile successore, il primo ministro numero due, non lo sia. Esistono anche dubbi giuridici riguardo all’assegnazione del 55% dei seggi a un partito o gruppo di partiti che, ad esempio, ha ottenuto il 40% dei voti alle elezioni.
Lo ha detto al quotidiano Enzo Cheli, ex giudice della Corte Costituzionale LaStampa: “La nostra Costituzione è concepita in modo tale che la maggior parte del potere non cada nelle mani di una singola persona o di un gruppo. Per garantire la stabilità di una singola persona, i nostri equilibri di potere rischiano ora di scomparire”. La Costituzione italiana risale al 1946, quando era morto da pochi anni il dittatore fascista Benito Mussolini; era al potere da più di vent’anni.
Niente più primi ministri “tecnocratici”.
Un altro cambiamento sorprendente che Meloni vuole apportare è che i cosiddetti “primi ministri tecnocratici” siano una cosa del passato. A volte la situazione politica italiana è così turbolenta o caotica che il presidente decide di lasciare che il Paese venga guidato verso acque più tranquille da un competente amministratore “tecnico”. Ad esempio, gli italiani sono stati governati da economisti come Mario Draghi (2021), Mario Monti (2011), Lamberto Dini (1995) e Carlo Azeglio Ciampi (1993).
I partiti di destra al potere vogliono liberarsene: trovano un tecnocrate così antidemocratico. Ma i commentatori insistono sul fatto che questi governi tecnici sono sempre state “soluzioni transitorie” che hanno salvato l’Italia “dal baratro”.
Trattandosi di un emendamento alla Costituzione, il processo di approvazione parlamentare è lungo. Serve anche una maggioranza di due terzi in entrambe le Camere, cosa che gli attuali partiti di governo non hanno. Quasi tutti i partiti dell’opposizione sono contrari. Se la Meloni non otterrà il via libera dal Parlamento potrà indire un referendum.
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