Silvio Berlusconi, Milano, 18 aprile 1998Immagine: AP AGI
Alla guida di Forza Italia, Silvio Berlusconi ha ridato orgoglio a un’Italia che si sentiva umiliata. Con i suoi canali televisivi ha conquistato il potere. Ma a quale prezzo… Con Watson ha parlato Carlo Lombardini, che era l’avvocato a Ginevra della Fininvest, gruppo finanziario di proprietà della famiglia del defunto.
12.06.2023, 18:5713.06.2023, 07:28
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Era Milano. Era Berlusconi. Era la nuova Italia. Quella che si è staccata da Roma e con essa dal Mezzogiorno, questa palla al piede. Con Berlusconi l’anima italiana ha guadagnato in efficienza quello che ha perso in umanità. Quello che ha perso in umanità… È una frase fragile. Completamente disconnesso da un’Italia che si sentiva umiliata. Umiliata dalla sua lira diventata moneta da scimmia, dalle sue coalizioni politiche danneggiate, dai suoi anni di piombo e dai suoi omicidi mafiosi.
L’Italia aveva bisogno di una nuova narrativa e di un capitano che la incarnasse: era Silvio Berlusconi, patron del Milan e capo del gruppo audiovisivo Mediaset, in un momento in cui la privatizzazione dei canali stava per radere al suolo il vecchio mondo, un po’ come i social le reti avrebbero rimescolato l’accordo quindici anni dopo.
Colgatissimo
Nel 1994 nasce Forza Italia. Un nome che puzza di calcio come si dice di uno che puzza di sesso. E funziona, questo nome che trasuda fiducia, fa bene al morale. A capo di questo nuovo partito, Berlusconi, 58 anni, colgatissimo, divenne quell’anno la presidenza del Consiglio dei ministri, il governo italiano. Tornerà due volte. L’ultimo, nel 2008. Eppure si trascina dietro una via lattea di pentole, ma è come se gli italiani, nostalgici, avessero voluto rivivere i primi anni, quelli del ritrovato orgoglio.
Ha rispolverato la campagna, l’ha messa in formica quando, altrove, si riscopreva il fascino della vera lavorazione del legno. Da qui una certa incomprensione tra i partner europei, le labbra arricciate vedendo i loro vicini affezionarsi a un uomo che sembrava loro un po’ volgare. Ma chi eravamo noi per giudicare? L’Italia voleva alla sua testa un imprenditore, che promettesse la creazione di un milione di posti di lavoro e intendesse privatizzare le amministrazioni tentacolari.
“Ha avviato la cretinizzazione delle masse”
“Era un uomo che aveva intuizioni geniali, i cui avversari hanno commesso l’errore di non capire che fosse geniale, ma che lui stesso non era consapevole della realtà in cui si stava evolvendo”, dice del defunto l’avvocato ginevrino Carlo Lombardini. Negli anni ’90, Me Lombardini rappresentava gli interessi di Fininvest, il gruppo finanziario di Silvio Berlusconi, in Svizzera, nel momento in cui la giustizia italiana indagava sull’esistenza di fondi neri di Forza Italia all’estero.
Grande, Il Cavaliere, il suo soprannome dopo essere stato nominato Cavaliere dell’Ordine al Merito e del Lavoro nel 1977? Sì, sostiene Carlo Lombardini, bisogna essere stati bravi a cretinizzare la gente con la televisione e da lì farli votare per se stessi. Ha avviato la cretinizzazione delle masse”. Vediamo cosa vuol dire Me Lombardini: alienare per governare non è alla portata del primo arrivato.
“Ha fatto sognare l’italiano medio parlando di calcio in tv con donne in costume da bagno”
Carlo Lombardini
Il famoso velinaqueste graziose giovani donne che si vestivano della loro carne per gli spettacoli di famiglia la domenica pomeriggio.
L’Italia, in fondo, sempre un po’ puritana, non è stata del tutto presa da questo spettacolo di cabaret, che l’ha divertita o sgomenta. Canale 5, Italia 1 E Riposo 4, i canali storici di Silvio Berlusconi, hanno infranto i codici. L’Italia spezzata, rimproverava i suoi detrattori, che vedevano con orrore la cultura andare al mare, inseguita dal getto dell’abbrutimento. Rilasciato nel 1986, Zenzero e FredPenultimo film di Fellini, è una feroce sfuriata contro il Cavaliere televisivo, non ancora in politica, ma già al timone dell’intrattenimento televisivo.
“L’anello mancante tra Tapie e i ricchi russi”
Nella storia degli uomini con i soldi, «Berlusconi è l’anello mancante tra Bernard Tapie ei ricchi russi», osserva Stéphane Bonvin, giornalista, consulente di moda. “Un Tapie alla potenza di 1000”, aggiunge. Gli anni di Berlusconi sono proprio quelli dell’esplosione delle grandi maison italiane. Anche lì la vecchia Italia lascia il posto alla nuova. “È la fine del casual chic italiano, poi incarnato da Armani. È l’arrivo di una nuova ondata, molto all’avanguardia con Prada, ipersexy con Versace e Gucci”, afferma Stéphane Bonvin.
Berlusconi, si distingue per un lampo piuttosto classico. “Indossa abiti ricchi che sembrano ricchi, un blazer blu scuro con bottoni dorati”, sorride lo specialista di moda. Il capitano della crociera, ora, non c’è più.
Con Berlusconi al timone, l’Italia avrà creduto nella felicità.
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