Mezzo milione di abitanti sotto la minaccia diretta di un supervulcano: il rischio di eruzione sui Campi Flegrei, vicino Napoli, non è mai stato così significativo, avverte uno studio anglo-italiano pubblicato venerdì.
Meno conosciuto del Vesuvio che cancellò Pompei dalle mappe quasi due millenni fa, il vulcano dei Campi Flegrei, che eruttò per l’ultima volta nel 1538, espose centinaia di migliaia di abitanti ad un diluvio di lava, ceneri e rocce.
“È un vulcano estremamente pericoloso”, spiega all’AFP Stefano Carlino, coautore dello studio dell’Università di Londra UCL e dell’Istituto italiano di geofisica e vulcanologia (INGV), pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment.
“Non stiamo dicendo che ci sarà un’eruzione, stiamo dicendo che le condizioni per un’eruzione sono più favorevoli”, precisa oggi Christopher Kilburn dell’UCL, responsabile dei lavori.
L’energia del vulcano è tale che la sua eruzione, avvenuta 30.000 anni fa, avrebbe contribuito, secondo alcune ipotesi, all’estinzione dell’uomo di Neanderthal.
Un’ondata di attività nei primi anni ’80 portò all’evacuazione di 40.000 residenti, ma da allora non si è più parlato del vulcano.
Eppure: decine di migliaia di piccoli terremoti verificatisi a partire dagli anni ’50 hanno indebolito la caldera – una depressione vulcanica a fondo piatto -, “parti della quale sono state testate fino quasi al punto di rottura”, indica lo studio.
Queste scosse, ancora più numerose dal 2019, hanno sconvolto gli strati sotterranei e la cittadina di Pozzuoli dove si trova il vulcano si è alzata di quattro metri nel corso dei decenni.
I ricercatori sottolineano che gli effetti dell’attività del vulcano sono “cumulativi”: non è quindi necessario che l’intensità di tale attività aumenti in modo significativo per aumentare la probabilità di un’eruzione.
“Una possibile eruzione potrebbe essere preceduta da segnali relativamente deboli, come un modesto livello di sollevamento del suolo e un numero minore di terremoti”, osservano.
Citano l’esempio della caldera di Rabaul in Papua Nuova Guinea, che eruttò nel 1994 quando le scosse che l’avevano preceduta furono molto meno numerose rispetto all’eruzione avvenuta dieci anni prima.
Allerta gialla
La probabilità di una mega eruzione è però «molto bassa», tempra Stefano Carlino. “Ciò che è più probabile sono piccole eruzioni.”
Inoltre, anche in caso di rottura della crosta, “il magma deve risalire al posto giusto”, sottolinea Christopher Kilburn.
Gli scienziati, interessati solo ai vulcani che si risvegliano dopo un lungo periodo di sonno, stanno esaminando con un metodo innovativo questo vulcano piatto, quasi invisibile a occhio nudo, che ribolle sotto la costa apparentemente tranquilla. del bacino napoletano.
Sul campo, misurano sia i terremoti che i movimenti e le deformazioni del terreno per creare un modello del comportamento del vulcano. In laboratorio si osserva la fratturazione della roccia.
Poi si torna indietro nel tempo per confrontarli con altri episodi, altre eruzioni di altri vulcani simili, quando gli approcci più convenzionali si accontentano di serie statistiche.
Se «non possiamo dire con certezza cosa accadrà, ciò che conta è essere preparati a ogni eventualità», ricorda anche Stefano Carlino.
Mezzo milione di abitanti vivono in zone ad alto rischio, altri 800.000 in zone a basso rischio.
In caso di allerta, il piano delle autorità locali prevede l’evacuazione della popolazione con i mezzi pubblici. Il livello di allerta – verde, giallo, arancione, rosso – viene rivisto ogni mese.
“Attualmente a Pozzuoli il livello di allerta è giallo”, ha detto all’Afp Giordana Mobilio, portavoce del comune.
“Abbiamo un canale di comunicazione costante con gli abitanti della cittadina che informiamo delle scosse” di magnitudo superiore a 1,5, sottolinea.