La canzone della resistenza italiana Bella ciao fa il giro del mondo, ma continua a dividere il proprio paese

In questo paese di mille abitanti, situato ai piedi della catena montuosa della Majella, nasce la Brigata Maiella. La bandiera della Brigata-Maiella è ben visibile sul muro del tranquillo municipio e fervono i preparativi per il 25 aprile. Gessopalena è orgogliosa della brigata che poi, dopo la liberazione del proprio territorio, non si fermerà, ma attraverserà mezzo Paese per aiutare il nord a cacciare i nazisti.

Non a caso è proprio qui, attorno al massiccio della Majella, che è nata tanta sete di libertà, spiega Nicola Mattoscio (72 anni). Nato a Gessopalena, Mattoscio è presidente della Fondazione Brigata Maiella, che perpetua la memoria del gruppo. I tedeschi usarono tattiche di terra bruciata. Hanno davvero distrutto tutto.

Quello che avevano i piccoli, spesso non più di un maiale o qualche pecora, gli veniva tolto. Nel gennaio 1944, come rappresaglia per la morte di due loro soldati da parte della Brigata Maiella, i tedeschi ammassarono decine di civili in un vecchio fienile. Hanno lanciato bombe a mano, uccidendo 42 persone.

Tale orrore ha portato la resistenza in Abruzzo a nuove vette, afferma il sindaco Zulli. La Brigata Maiella, a differenza dei gruppi di resistenza del Nord, spesso comunisti, non aveva un’appartenenza politica dichiarata. “Molti ragazzi sapevano a malapena leggere, non sapevano niente di politica. Hanno difeso l’unica cosa che avevano: la loro libertà.

Questo bisogno apolitico di libertà si sente in Bella ciao, che si riferisce al nemico “invasore”, ma che per il resto non dice praticamente nulla sulla guerra. Non ci sono prove in bianco e nero, ma sulla base dei resoconti della resistenza, nessuno qui dubita che la canzone sia stata effettivamente cantata durante la guerra – e quindi certamente non un’invenzione successiva.

Il testo originale, dicono gli abruzzesi, era diverso dalle parole che conosciamo oggi. Dove il combattente della resistenza nel moderno Bella ciao esprime il desiderio che l’ascoltatore, se muore in battaglia, lo seppellisca sotto un “fiore del partigiano”, il testo originale essendo chiamato il “fiore della Majella”.

Carlita Gallo

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