Ma forse non è così importante; Il modo crudele con cui i nazisti rispondevano a qualsiasi atto ostile, anche se si trattava semplicemente di un disaccordo verbale, fu una costante durante la guerra. Nel 1942 Pio XII scrisse una lettera di sostegno all’arcivescovo Sapieha di Cracovia riguardo alla sua difesa dei polacchi e degli ebrei. Sapieha non ha voluto rendere pubblica questa lettera perché probabilmente avrebbe fatto più male che bene. Anche la lettera ora ritrovata lo conferma.
Luther Köning, il gesuita tedesco che scrisse la lettera a Leiber, era membro del circolo di resistenza Kreisau Kreis. Ciò lo mise in contatto con Leiber e, attraverso di lui, con Pio XII. Köning non solo riferisce dello sterminio avvenuto, ma aggiunge nella sua lettera: “La grande preoccupazione qui è se Roma procede con la dovuta cautela, così che, se il Vaticano dovesse essere occupato, non si possa trovare nulla di incriminante contro i tedeschi”. Chiesa. » Quindi avevano il terrore che ci fosse una fuga di notizie e che i nazisti scoprissero che sapevano dell’Olocausto.
Il papa non poteva che far sentire la sua voce con molta cautela da Roma. Ecco perché il Vaticano ha lasciato molto spazio ai vescovi locali, sapendo che avrebbero rischiato la vita se si fossero opposti ai nazisti. Le circostanze differivano notevolmente da paese a paese. In Polonia, ad esempio, il clero fu duramente perseguitato: a Dachau morirono quasi duemila sacerdoti. Nessun vescovo ha osato parlare apertamente come l’arcivescovo De Jong a Utrecht. Durante la guerra il Vaticano aveva perso i contatti diretti con alcune regioni. Le informazioni giunsero a Roma in modo disarticolato. Fin dall’inizio arrivarono notizie terribili dalla Polonia: vescovi imprigionati, centinaia di preti giustiziati… Era chiaro che i nazisti stavano creando lì l’inferno sulla terra e che progettavano di estenderlo ad altri paesi occupati.
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Il Vaticano non poteva fare nulla?
Stiamo assistendo in questi giorni ai tentativi di mediazione della Santa Sede tra Russia e Ucraina. Si tratta di un processo difficile e molto delicato: se si sceglie di condannare i crimini di guerra, una delle parti può facilmente rifiutare la mediazione. Ciò vale anche per Pio XII, che fu soprattutto un diplomatico. Credeva fortemente nel potere della diplomazia. Dai documenti vaticani risulta che nel giugno 1943 il papa e i cardinali speravano ancora di ottenere qualcosa contro i nazisti attraverso la diplomazia, per ridurre la violenza. I governi alleati, d’altro canto, sapevano già che solo la sconfitta militare avrebbe potuto fermare i nazisti. Anche in Vaticano avevano perso ogni speranza di successo, ma – e questo è molto interessante – continuavano a spingere per il negoziato perché era la cosa giusta da fare. Questi uomini pensavano onestamente di fare tutto il possibile. In un libro di Johan Ickx, archivista capo della Segreteria di Stato, troviamo il resoconto di un incontro di cardinali: valutarono i pro e i contro, erano consapevoli della necessità di agire, ma temevano la vendetta dei nazisti sulla popolazione. Hanno fatto quello che pensavano fosse giusto.
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