Questo mercoledì 6 luglio, a due anni dalla morte del famoso compositore di musiche per film Ennio Morricone, spettatori e amanti della musica potranno scoprire il documentario “Ennio” in stanze buie.
C’era una volta Ennio Morricone. Diretto dal regista premio Oscar Giuseppe Tornatore, che ha lavorato per più di venticinque anni con l’amico Ennio Morricone, “Ennio” ripercorre l’itinerario di questo immenso musicista del XX secolo, scomparso all’età di 91 anni.
Al cinema questo mercoledì 6 luglio permette di (ri)scoprirlo attraverso numerose testimonianze di musicisti, attori e registi, come Clint Eastwood, Bernardo Bertolucci, Giuliano Montaldo, Marco Bellocchio, Dario Argento, Luca Verdone, Barry Levinson, Oliver Stone o Quentin Tarantino, solo per citarne alcuni.
Ma ricorderemo soprattutto le parole dello stesso Maestro, che ovviamente torna alla collaborazione con Sergio Leone, dal film “Il buono, il brutto e il cattivo” (1966) a “C’era una volta il West (1868) ) e la sua inquietante melodia armonica, o anche con Elio Petri, Valerio Zurlini e i fratelli Paolo e Vittorio Taviani, di cui si parla meno.
momenti forti e preziosi
Ci piace molto vedere gli estratti del film punteggiati dalle sue iconiche colonne sonore e le immagini d’archivio, in particolare quelle che mostrano sua moglie e musa ispiratrice Maria Travia. Momenti forti e preziosi sono anche le sequenze che mostrano Ennio che batte il tempo e canticchia una melodia a cappella, rannicchiato nella sua poltrona.
Dal conservatorio di musica all’Oscar come miglior compositore, Giuseppe Tornatore rende omaggio e giustizia a questo mostro sacro della musica, autore di oltre 500 colonne sonore. Tuttavia, ci sarebbe piaciuto saperne di più sull’uomo. Oltre al fatto che da bambino sognava di diventare un medico, mentre suo padre voleva che diventasse un trombettista, come lui.
Indiscutibilmente è un “genio”, ma la parola viene ripetuta fino all’overdose da parte dei relatori. E se ci sono volute 2h40 per abbracciare tutta la sua illustre carriera, quest’opera agiografica, classica e convenzionale nella forma, può far decollare uno spettatore che tuttavia è investito.
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