Il film che l’ha “esiliata” per sempre dal Sudafrica

Miriam Makeba, a cui è dedicato il doodle di Google di oggi, è la ‘leggenda’ femminile del Sudafrica.

Si potrebbe dire che lei è ciò che Edif Piaf è per i francesi. Una donna che ha vissuto appassionatamente sull’orlo dell’errore. Si è sposata cinque volte e ha esalato l’ultimo respiro sul palco.

È diventato un simbolo per il Sudafrica perché ha innalzato la sua statura durante l’apartheid. Ha pagato con l’esilio. Ma non se ne è mai pentito.

Il documentario Come Back Africa è stato il motivo per cui ha lasciato il suo paese e non le è mai stato permesso di tornare. Era un film sui crimini dell’apartheid e Makeba non era timida nel parlare apertamente di quello che aveva passato.
Si dice che nei primi anni della sua carriera, lei e la sua band abbiano avuto un incidente d’auto. La polizia ha salvato solo il passeggero bianco dall’altra macchina, lasciando tre persone del gruppo a morire sulla strada.

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Dopo che il film è stato proiettato al Festival di Cannes e ha ricevuto il riconoscimento internazionale, il regime ha privato Makeba della cittadinanza e ha annullato il suo passaporto. Non l’hanno nemmeno lasciata andare al funerale di sua madre.

“L’impiegato dietro il bancone mi ha preso il passaporto. Non mi ha nemmeno parlato, ha preso un tampone e ci ha messo sopra la scritta “vuoto”. “Loro l’hanno fatto” mi sono detto, “mi hanno esiliato”, aveva dichiarato. L’esilio durò 31 anni. Ma Makeba è diventato cittadino del mondo.

“Mama Africa”, come era conosciuta in tutta l’Africa, è tornata a casa per la prima volta dal 1959, quando Nelson Mandela uscì di prigione. Il leader sudafricano la invitò a tornare nel 1990.

“Nonostante il suo enorme sacrificio e il dolore che ha provato lasciando la sua amata famiglia e la sua patria per l’esilio, ha continuato a renderci orgogliosi usando la sua fama internazionale per attirare l’attenzione sull’odioso apartheid”, dichiarò Mandela quando nel novembre 2008 Makeba morì, quasi sul palco.

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Mariano Conti

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